Il film
La piattaforma Netflix ha inserito in programmazione un film diretto da Sydney Sibilia dal titolo “L’incredibile storia dell’Isola delle Rose”.
La pellicola narra dell’ing. Giorgio Rosa, interpretato da Elio Germano, che, appena laureato, progetta e costruisce una particolare piattaforma marittima al largo della costa adriatica, in corrispondenza di Rimini, finendo per proclamarvi uno Stato indipendente denominato Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose, scatenando l’ira del governo italiano presieduto da Giovanni Leone.
Il film trae spunto da una storia vera, che viene raccontata in modo ben riuscito sebbene in chiave romanzata.
La realtà
L’ing. Rosa aveva effettivamente iniziato a compiere alcuni esperimenti costruttivi per conto della SPEC (Società Sperimentale per l’Iniezione del Cemento), culminati con la realizzazione di una piattaforma di 200 metri quadrati a 6,3 miglia dalla costa riminese, ossia a 550 metri dalle acque territoriali, costata 100 milioni.
Secondo quanto riportano le cronache, il “nuovo Stato”, od anche “territorio libero” era stato proclamato nel maggio del 1968, aveva un proprio governo, l’esperanto quale lingua ufficiale e una bandiera che venne fatta ammainare per ragioni di sicurezza della navigazione.
Oltre all’opinione pubblica la vicenda interessò, tra l’altro, la stampa, il parlamento, il governo, il Consiglio di Stato ed anche le forze dell’ordine, tant’è che l’isola, circa due mesi dopo la dichiarazione di indipendenza del 1 maggio 1968, il 26 giugno iniziò ad essere presidiata “per ragioni di sicurezza” da polizia, guardia di finanza e carabinieri contro il volere dell’ing. Rosa cui era anche stato vietato lo sbarco.
La piattaforma finì con l’essere gravemente danneggiata per mano degli incursori della Marina Militare nel febbraio del 1969, poi la natura fece il resto: il 26 dello stesso mese venne spazzata da una burrasca e si inabbissò.
L’illusione di uno Stato
L’Isola delle Rose, più che uno Stato indipendente sembrerebbe esserne stata una rappresentazione o un’illlusione. Emblematica è la vicenda dell’emissione dei francobolli: il 29 giugno 1968 Gianni Di Bernardini, socio in affari del barista dell’isola, dichiara al Messaggero che “potevano interessare i filatelici. Il primo esemplare era uscito, ma in numero ridottissimo. Ce ne saranno in giro al massimo duecento esemplari. Io ne ho uno, me l’ha mandato l’ingegnere dall’isola. Ma sulla busta ha messo anche due francobolli italiani. Perché noi sa, il servizio postale non ce l’abbiamo. Un motoscafo arrivava fino a Rimini, si applicavano i francobolli regolari e si spedivano le lettere”.
La Esperanta Respubliko de la Insulo de la Rozoj nel contesto internazionale
Vediamo perchè l’isola non fu uno Stato indipendente.
Lo Stato come soggetto internazionale è composto da Stato-comunità e Stato-apparato (o Stato-organizzazione, Stato-governo). Da una parte, perciò, va considerata una comunità umana su un territorio la cui convivenza è regolata da norme di diritto, mentre dall’altra c’è un apparato che esercita il potere sui cittadini. La qualifica di soggetto internazionale, ossia la capacità di essere titolare di rapporti giuridici attivi e passivi, spetta esclusivamente allo Stato-apparato. L’organizzazione di individui, sempre che nell’isola ve ne fosse una, rimane fuori dall’ambito delle relazioni un ente ed un altro ente disciplinato dal diritto internazionale.
Al di là della suggestiva storia dell’autoproclamatosi governo locale, l’Isola delle Rose non aveva lo Stato-apparato e, quindi, non era soggetto di diritto internazionale, non poteva partecipare alla formazione di norme internazionali, non poteva disciplinare e limitare l’esercizio del potere di governo, e cosi via.
C’è poi un altro fattore non secondario: l’organizzazione di governo che esercita effettivamente ed indipendentemente il proprio potere su una comunità territoriale diviene soggetto di diritto internazionale in modo automatico, senza necessità di essere riconosciuto da altri Stati. La sedicente repubblica avrebbe perciò potuto essere un soggetto indipendente senza riconoscimenti di Stati terzi, ma non ha mai avuto un’organizzazione reale ed effettiva di governo.
La fine dell’Isola
L’Isola delle Rose avrebbe dovuto essere demolita perché lungi dall’essere una repubblica indipendente, la sua presenza violava la legge (L. 613/1967 e la L. 136/1953) poiché veniva utilizzata per l’esplorazione del sottosuolo e per lo sfruttamento della polla d’acqua dolce rinvenuta senza avere concessioni od autorizzazioni per lo sfruttamento delle risorse naturali nella piattaforma continentale, dove insisteva; violava inoltre i diritti esclusivi dell’Italia sulla piattaforma continentale poiché costituiva un impedimento materiale alle attività che il Paese avrebbe potuto intraprendere nell’area; non da ultimo, contrastava con l’esclusività attribuita all’ENI per la ricerca e la coltivazione degli idrocarburi.
A nulla rilevando che fosse in acque internazionali poiché l’art. 2 della Convenzione di Ginevra sull’alto mare del 1958, prevedeva che l’alto mare è libero a tutte le nazioni e nessuno Stato può legittimamente pretendere di sottomettere una porzione qualsiasi alla propria sovranità, mentre ogni Stato che fruisce delle libertà riconosciute dalle norme del diritto internazionale deve tener conto dell’interesse che gli altri Stati hanno per l’alto mare.
In forza di questa norma il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 718 del 14 novembre 1969 (v. nota 1), stabilì che l’Italia avrebbe dovuto impedire ai cittadini di svolgere “attività suscettibili, in misura più o meno intensa ovvero anche soltanto in modo potenziale, di impedire od ostacolare il libero esercizio della facoltà di utilizzazione spettante agli altri Stati” ed avrebbe avuto il potere di “ordinare la cessazione di tali attività, se ed in quanto tali esse siano concretamente riconosciute suscettibili di determinare, anche solo potenzialmente, violazione degli obblighi internazionali dello stato rivierasco”.
Il film, in conclusione
Il film si conclude con alcune scritte in sovraimpressione che raccontano azioni e reazioni delle istituzioni dinanzi alla questione della sedicente Repubblica.
Va detto, tuttavia, che, contrariamente a quanto si legge, il confine dalle 6 alle 12 miglia delle acque territoriali non venne spostato dall’ONU “per evitare che accadesse di nuovo” una controversia analoga a quella tra Italia e l’isola, poiché nel mondo si stabilì di fissarlo in 12 miglia dalla Convenzione di Montego Bay del 10 dicembre 1982, ben 14 anni dopo. Al tempo alcuni stati volevano ristretto il confine a 3 miglia, altri esteso a 6, 12, 15 o 200 miglia. In Italia lo spostamento del limite da 6 a 12 miglia fu deciso con la L. 14 agosto 1974, n. 359, che andò a modificare l’art. 2 del Codice della Navigazione del 1942.
Che il Consiglio d’Europa abbia implicitamente riconosciuto la Repubblica è un elemento che chi scrive non può valutare, non disponendo di documentazione da esaminare. Per tutto quanto detto sopra è fuori discussione, infine, che la distruzione dell’Isola delle Rose non fu affatto una guerra di invasione.
Avv. Marco Giudici
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Nota 1: Nell’occasione i giudici di Palazzo Spada misero fine alla vicenda pronunciandosi su due ricorsi presentati dall’ing. Rosa e dalla moglie contro il dispaccio n. 519601/1.20 del Ministero della Marina Mercantile indirizzato alla capitaneria di porto di Rimini, con cui si notificava alla S.P.I.C., nelle persone del suo presidente Gabriella Chierici e del suo direttore tecnico Giorgio Rosa, di provvedere a demolire il manufatto costruito al largo di Rimini, con avvertenza che altrimenti si sarebbe proceduto alla demolizione d’ufficio, nonché del conseguente decreto della Capitaneria di Porto di Rimini 2/1968 del 16 agosto 1968 contenente l’ingiunzione di demolizione.
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Bibliografia:
Conforti B., diritto internazionale, Napoli, 2008;
Paone P., Il caso dell’Isola delle Rose, in Rivista di Diritto Internazionale, 1968, pagg. 505-521;
Perroni P. G., L’ applicabilità in italia della convenzione di Ginevra del 1958 sulla piattaforma continentale: ancora sull'”isola delle rose”, in Rivista del diritto della navigazione, 1972, fasc. 1, pt. 1, pp. 244-264.
L’isola che “non c’era” é la prova che non ci sono limiti a ció che l’uomo puó raggiungere. Quando questo avviene, alla comunità organizzata non resta che prenderne atto e cercare una regola . Grazie, avvocato, Interessante articolo e spunto di riflessione. .