L’assegno postdatato si può incassare prima della scadenza? Molte persone ritengono non sia consentito, ma sará così?
Capita spesso, specialmente in contesti commerciali, che in luogo del pagamento (o di una generica prestazione di dare o fare) venga consegnato un assegno bancario recante una data futura.
La finalità pratica perseguita da chi compila e consegna un assegno postdatato è quella di posticipare un pagamento o di prestare una garanzia.
Nel primo caso, chi ha diritto ad incassare l’assegno usa attendere la data di scadenza indicata nella erronea supposizione che la somma non sia esigibile prima o, in altra ipotesi, che (ma questo è probabile) non sia disponibile poiché la provvista bancaria del debitore potrebbe non essere sufficiente.
Nella seconda ipotesi, ossia qualora l’assegno sia utilizzato con funzione di garanzia, chi promette di dare o fare qualcosa in futuro consegna il titolo postdatato cosicché, nell’ipotesi in cui la prestazione promessa non sia eseguita alla data indicata, il creditore potrà portare l’assegno all’incasso percependo la somma iscritta in luogo della prestazione, mentre, qualora il debitore rispetti gli impegni le parti avranno pattuito di far tornare il titolo nelle mani dell’emittente, che avrà la possibilità di distruggerlo.
Va detto, però, che queste operazioni non sono consentite dalla legge, che infatti prevede sanzioni a carico di chi fa un utilizzo improprio degli assegni. Vediamo perchè.
L’assegno è uno strumento di pagamento con il quale una persona, detta traente, ordina alla banca (trattaria) di pagare una somma ad un’altra persona, denominata beneficiario. Per comprendere meglio questo rapporto trilaterale basta esaminare le espressioni prestampate nell’assegno (Banca Alfa, a vista pagate a Tizio la somma di € 100,00. Firmato Caio).
Per essere valido l’assegno deve recare alcune indicazioni essenziali come la data, in assenza della quale il titolo è nullo, sebbene possa valere come promessa di pagamento ex art. 1988 c.c.. Tuttavia vi sono altri requisiti la cui mancanza non comporta la radicale invalidità del titolo, ma espone a sanzioni di varia natura.
Orbene, la postdatazione non determina la nullità del titolo ma consente al beneficiario di esigere il pagamento immediatamente. L’art. 31 del R.D. n. 1736/1933, infatti, prevede che «L’assegno bancario è pagabile a vista. Ogni contraria disposizione si ha per non scritta. L’assegno bancario presentato al pagamento prima del giorno indicato come data di emissione è pagabile nel giorno di presentazione».
Alla luce di questo principio è ovvio che la consegna di un assegno postdatato non solleva chi lo emette dall’obbligo di garantire la provvista bancaria per tutto il tempo precedente alla data indicata, poiché l’assegno così compilato è valido ma presenta un’irregolarità.
Vediamo il perché di questa disciplina così rigorosa.
Abbiamo detto che l’assegno è uno strumento di pagamento (si dice che ha una funzione solutoria). Orbene, apponendovi una data successiva il traente (che ricordiamo essere colui che deve pagare la somma iscritta) muta la funzione dell’assegno stesso facendolo divenire uno strumento di credito, ossia un mezzo che gli consente di posticipare il pagamento in denaro.
Tuttavia, nel nostro ordinamento quella funzione voluta dalle parti si realizza con un altro mezzo, costituito dalla cambiale. Tale è quel titolo di credito sul quale si può liberamente apporre, tra l’altro, una data futura a partire dalla quale il prenditore (ossia chi deve ricevere il denaro) potrà pretendere di incassare le somme indicate.
Senonché la cambiale, a differenza dell’assegno, è assoggettata all’imposta di bollo pari all’11 per mille per le cambiali tratte e al 12 per mille per i vaglia cambiari (o pagherò) dell’importo scritto sulla cambiale (che per € 100 di credito è pari a € 1,1 per le cambiali tratte e ad € 1,2 per i pagherò). Perciò chi emette un assegno postdatato evade questa imposta poiché utilizza il titolo alla stregua di una cambiale ma senza pagare gli oneri di legge.
Non essendo nullo, l’assegno postdatato può essere pagato a vista, ma previa regolarizzazione fiscale (in forza dell’art. 121 R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736). Una volta portato all’incasso, quindi, viene parificato alla cambiale sotto il profilo fiscale.
Va precisato che con il D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507 chi emette un assegno postdatato non commette più un reato, ma la sua condotta è sanzionabile in via amministrativa per l’appunto a causa dell’evasione del bollo.
Il prenditore dell’assegno che intende incassare dovrà quindi provvedere alla regolarizzazione del titolo mediante il pagamento di una somma pari all’imposta prevista per le cambiali, nonché corrispondendo ulteriori somme a titolo di sanzioni.
La Corte di Cassazione ha chiarito che l’emissione dell’assegno postdatato è contrario alle norme imperative contenute negli artt. 1 e 2 del r.d. n. 1736 del 1933 e dà luogo ad un giudizio negativo sulla meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti (Cass. 10710/2016).
La normativa sugli assegni, infatti, non cura solo l’aspetto relativo al rapporto tra i privati, ma ha una valenza pubblica poiché la legge intende assicurare la certezza e la regolarità dei traffici giuridici e mantenere la fiducia tra i cittadini in ordine alla idoneità dell’assegno a svolgere l’effettiva funzione di pagamento.
Quindi è bene che chi intenda utilizzare un titolo come strumento di credito o di garanzia valuti se fare uso di semplici cambiali bollate in luogo degli assegni postdatati. Ciò nel rispetto della legge e per evitare il rischio di incorrere in spiacevoli e dispendiosi inconvenienti.
Avv. Marco Giudici
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