Non tutti sanno che nel nostro ordinamento, oltre al divorzio, esiste la possibilità di sciogliere il vincolo coniugale mettendo fine al rapporto con efficacia retroattiva, ossia ponendo il matrimonio nel nulla fin dall’inizio come se non fosse mai stato celebrato.
Mettiamo, quindi, che uno dei coniugi si accorga di aver scelto la persona sbagliata per condividere la propria vita matrimoniale e costruire una famiglia. Egli riterrà di aver commesso un errore.
Ebbene, l’errore è un cosiddetto vizio del consenso, ossia un difetto della volizione del coniuge che contrae matrimonio. Il vizio del consenso legittima l’impugnativa del matrimonio, ma non tutti i tipi di errore sono vizi del consenso. Occorre quindi chiedersi quando il coniuge può impugnare il matrimonio e chiederne l’annullamento e che tipo di errore ha rilevanza.
Certamente non siamo nel campo di una comune crisi generata da disaccordi, poiché in tal caso soccorrono le procedure di separazione e di divorzio. Si tratta, piuttosto, di ipotesi in cui il consenso del coniuge è viziato nel momento della celebrazione del matrimonio a causa di fatti gravi attribuibili all’altro coniuge che dovrà essere evocato in giudizio.
Vediamo cosa dice la legge.
I vizi del consenso costituiscono motivi di annullamento del matrimonio, secondo quanto previsto dall’art. 122 c.c.
La norma stabilisce che “Il matrimonio può essere impugnato da quello dei coniugi il cui consenso è stato estorto con violenza o determinato da timore di eccezionale gravità derivante da cause esterne allo sposo”.
Per la violenza morale valga l’esempio della ragazza sedotta di suicidarsi se non sposata e dell’uomo minacciato di essere denunciato per violenza carnale in caso rifiuti di convolare a nozze (Cass. 2615/1971).
Riguardo al timore di eccezionale gravità ed originato da cause esterne allo sposo o alla sposa, è il caso del timore di persecuzioni razziali e politiche, ma non anche del timore reverenziale, che ha un’origine prettamente interna, quindi attiene alla sfera soggettiva, perciò è irrilevante ai fini dell’annullamento del matrimonio.
Venendo all’errore, il secondo comma dell’art. 122 c.c. stabilisce che “Il matrimonio può altresì essere impugnato da quello dei coniugi il cui consenso è stato dato per effetto di errore sull’identità della persona o di errore essenziale su qualità personali dell’altro coniuge“.
Il primo caso è lo scambio di persona, da non confondersi con il matrimonio sotto falso nome, che genera una irregolarità rettificabile sull’atto di matrimonio. Anche l’omosessualità va inquadrata in questa fattispecie poiché “l’errore cade sulla ‘identità sessuale del consorte, che ne definisce l’orientamento e la direzione del comportamento sessuale e che non è, né può essere, una mera ‘qualità’ della persona ma ne indica uno degli aspetti che costituiscono, compongono, definiscono la sua identità complessiva, la specifica individualità, la sua soggettività” (così Trib. Milano 13/02/2013).
Il secondo, l’errore su qualità personali, è ritenuto dalla legge essenziale qualora, tenute presenti le condizioni dell’altro coniuge, si accerti che lo stesso non avrebbe prestato il suo consenso se le avesse esattamente conosciute e purché l’errore riguardi:
- L’esistenza di una malattia fisica o psichica o di una anomalia o deviazione sessuale, tali da impedire lo svolgimento della vita coniugale
Al momento del matrimonio la malattia deve esistere e non deve essere conosciuta dall’altro coniuge. Deve poi influire negativamente sulla vita coniugale o essere fortemente ripugnante. E il caso, ad esempio, di una malattia contagiosa.
Tra le anomalie possiamo annoverare l’impotenza ad avere rapporti e/o a procreare (nel primo caso anche se conosciuta legittima altresì il divorzio per matrimonio rato e non consumato), mentre riguardo alle deviazioni sessuali la giurisprudenza ritiene rilevante il transessualismo (secondo Trib. Bari, sent. 1 ottobre 1993), la necrofilia, il masochismo, ecc.
- L’esistenza di una sentenza di condanna per delitto non colposo alla reclusione non inferiore a cinque anni, salvo il caso di intervenuta riabilitazione prima della celebrazione del matrimonio. L’azione di annullamento non può essere proposta prima che la sentenza sia divenuta irrevocabile;La sentenza di condanna deve essere intervenuta prima delle nozze.
- La dichiarazione di delinquenza abituale o professionale (secondo gli artt. 102 e 103 c.p.);
- La circostanza che l’altro coniuge sia stato condannato per delitti concernenti la prostituzione a pena non inferiore a due anni. L’azione di annullamento non può essere proposta prima che la condanna sia divenuta irrevocabile;
- Lo stato di gravidanza causato da persona diversa dal soggetto caduto in errore, purché vi sia stato disconoscimento ai sensi dell’articolo 233, se la gravidanza è stata portata a termine.
L’azione del coniuge interessato non è illimitata, essendo soggetta a termini relativamente brevi. L’ultimo comma dell’art. 122 stabilisce che detta azione non può essere proposta se vi è stata coabitazione per un anno dopo che siano cessate la violenza o le cause che hanno determinato il timore ovvero sia stato scoperto l’errore.
Anche dopo il divorzio è possibile annullare il matrimonio, ma sempre entro limiti temporali. Se poi la convivenza si è protratta per oltre tre anni (Cass. 30900/2019) è esclusa finanche la delibazione della sentenza ecclesiastica di annullamento.
Avv. Marco Giudici